Commette diffamazione la suocera che insulta la nuora in presenza dei nipotini

Commette diffamazione la suocera che insulta la nuora in presenza dei nipotini
05 Maggio 2017: Commette diffamazione la suocera che insulta la nuora in presenza dei nipotini 05 Maggio 2017

Per Cass. Pen. n. 16108/2017 risponde di diffamazione la suocera che abbia insultato la nuora alla presenza dei figli di quest’ultima.

Infatti, le frasi offensive integrano il requisito della comunicazione con più persone, anche se pronunciate alla presenza di bambini in tenerissima età.

Ciò perché è possibile che costoro, pur non in grado di comprendere lo specifico significato delle parole profferite, ne colgano la generica portata lesiva, tanto da rimanerne turbati e da divenire potenziali strumenti di propagazione dei contenuti diffamatori.

 IL CASO. Protagonista della vicenda una suocera, ritenuta dal Tribunale di Tivoli colpevole del reato di diffamazione in danno della nuora, vedova di suo figlio, per averla accusata “di essere stata la causa della morte del marito”, oltre che “una donna poco seria”, nonché per averla definita con altri epiteti ingiuriosi, alla presenza dei figli, di due e quattro anni, di quest’ultima.

Per il Tribunale la circostanza che le frasi offensive fossero state pronunciate davanti a bambini in tenerissima età integrava comunque il requisito della comunicazione con più persone ex art. 595 c.p..

E ciò perché, nonostante l’incapacità dei minori di percepire lo specifico contenuto del messaggio verbale, costoro ne avevano comunque colto la generica portata lesiva, tanto da esserne rimasti turbati, ed erano così divenuti potenziali strumenti di propagazione dei contenuti diffamatori.

Avverso la sentenza del Tribunale di Tivoli ricorreva per cassazione la suocera, lamentando come i minori non avessero potuto comprendere la natura offensiva delle frasi pronunciate dalla nonna e, pertanto, non vi fosse stato alcun danno per la persona offesa.

LA SENTENZA. La Cassazione ha rigettato il ricorso della suocera, premettendo che “in bambini di età analoghe a quella dei protagonisti della vicenda (due e quattro anni), l’ordinario processo cognitivo si snoda attraverso l’incameramento, la memorizzazione, l’emulazione delle sequenze di parole pronunciate dagli adulti così che, in tal modo, il piccolo realizza valori, elabora concetti, amplia il proprio vocabolario ed, inoltre, spesso i bambini di quell’età tendono a riferire le parole udite da un adulto”.

Sulla scorta di tali presupposti, la sentenza ha ritenuto che l’efficienza offensiva della condotta diffamatoria potesse essere ravvisata sotto un duplice profilo.

Quanto al primo profilo, la Cassazione ha affermato che “non si può né si deve escludere che bambini di quell’età siano in grado di recepire il messaggio ed il disvalore insito nelle parole pronunciate dagli adulti in loro presenza, soprattutto se si tratti di concetti elementari e di parole volgari di uso comune

Non può esservi alcuna presunzione in ordine alla capacità o meno, da parte di un soggetto, di recepire gli accadimenti e di poterne riferire.

Non si può, quindi, apoditticamente stabilire se un bimbo di due o quattro anni possegga tale capacità semplicemente facendo riferimento all’età”.

Conseguentemente la Cassazione ha confermato la decisione del Tribunale, laddove questa, “al fine di accertare se in concreto le offese fossero state recepite dai presenti, ha correttamente valutato altri elementi, cioè il tipo di comunicazione a cui i bambini hanno assistito ed il contesto in cui l’episodio si è verificato.

È stato quindi, opportunamente, sottolineato che le frasi offensive erano piuttosto elementari, l’atmosfera era di grande tensione ed i bimbi lo avevano percepito, visto che erano rimasti scossi e piangenti.

Una diversa soluzione, che escludesse la percezione delle offese da parte dei bambini, non poteva essere fondata su un presupposto meramente astratto o convenzionale, quale l’età, ma avrebbe dovuto essere motivata in concreto con riferimento a specifici segni indicatori di tale incapacità o, addirittura, ricorrendo ad accertamenti medici o psicologici”.

Quanto al secondo profilo, la sentenza ha affermato che “i bambini, anche in tenera età, tendono a ripetere e riferire le parole udite pronunciare dagli adulti, indipendentemente dal fatto che ne abbiano o meno compreso l’esatto significato”.

Pertanto, anche sotto questo ulteriore aspetto, la Cassazione ha ratificato la decisione del Tribunale, laddove questa aveva valorizzato la circostanza in base alla quale “i bambini presenti nel momento in cui l’imputata ha pronunciato le frasi offensive verso la nuora avrebbero, quindi, potuto riferire ad altri quanto avevano udito, così propagando il messaggio diffamatorio.

È ben possibile, quindi, che i bambini, pur non essendo in grado di cogliere lo specifico significato delle parole usate, ne abbiano colto la generica portata lesiva, tanto da esserne rimasti turbati, e siano divenuti potenziali strumenti di propagazione dei contenuti diffamatori”.

La Cassazione ha, pertanto, confermato la condanna alla pena irrogata dal Giudice di merito.

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